Storia e testimonianze dal passato

Serdiana, la cui superificie era di oltre 16 miglia (circa 30 Kmq), viene presentata nel Dizionario degli Stati Sardi, dall’Angius-Casalis, come un paese umido e malsano a causa della vicinanza dei terreni  paludosi (Is benazzus e Is Paulis).
Infatti, si legge testualmente “...quando  l’aria non era viziata dai miasmi che la terra esalava, risultava ugualmente contaminata poiché le immondizie venivano gettate per le strade. A questo si aggiungevano le esalazioni dei cadaveri; infatti, non avendo predisposto nelle zone periferiche del paese, un camposanto (come prescritto dalla legge), i morti venivano seppelliti nel piazzale della Chiesa con poche precauzioni”
Vi era anche un altro grave problema: quello dell’acqua potabile. Risultavano infatti esserci solo due fonti perenni e distanti dall’abitato che non davano acqua potabile, per cui il Comune era costretto a rifornirsi alla fontana detta  “Funtana de Coccu de Sicci”.
Questa situazione di grave disagio del paese, fu causa di problemi per la  salute degli abitanti; le malattie più comuni in questo periodo furono: “le infiammazioni, le idropisie pettorali, le febbri stagionali e la malaria”. Coloro che si ammalavano venivano seguiti da un “flebotomo”, che era un esperto in salassi.
Scrive sempre l’Angius, che, per risolvere tutti questi problemi, i Serdianesi "non facessero nulla” 


Anche per quanto riguarda l’economia “i serdianesi non sapevano e soprattutto non capivano come coltivare le proprie terre; infatti, anche se queste  non erano adatte alla coltivazione, contiuavano a sfruttarle. Ciò significa che, ad esempio, per il periodo della vendemmia, non avendo fatto un buon raccolto, sono costretti a comprare  il vino a San Pantaleo e a Sicci”.


In quel periodo era molto diffusa la coltivazione degli alberi quali: mandorli, fichi, peri, susini e olivi.
Per quanto riguarda l’allevamento, si usavano i buoi, cavalli e asini per l’attività rurale, e molte famiglie decisero di allevare anche maiali.
Il commercio era molto limitato.


Vi erano problemi anche nel settore scolastico; la frequenza alla scuola elementare risultava scarsa.


Se a questi  fattori negativi si aggiungono  anche “le guerre, le epidemie, le invasioni delle cavallette, la siccità”, verrebbe da chiedersi come abbia fatto una Comunità così piccola, fondamentalmente agricola, a sopravvivere a tutto ciò. Forse l’attaccamento alla propria terra ha dato loro la forza di andare avanti.


Dopo che il Consiglio Comunale ebbe deliberato  l’acquisto della casa dei fratelli Piredda,  con un documento firmato da Vittorio Emanuele II in data 26 settembre 1854, Serdiana ebbe finalmente la sua sede Comunale.


Con la presenza di Don Edmondo Roberti, marchese di Castelvero (marito di Donna Luigia in Carcassona Brunengo), Serdiana mantenne, per così dire, un residuo di vincolo feudale, essendo stato Don Edmondo Roberti, consigliere comunale fino al 1876.


 


CRONACA DI PROBLEMI LOCALI


Mentre nel 1867 Giuseppe Garibladi veniva sconfitto a Mentana dall’esercito francese, i Serdianesi lottavano contro l’invasione delle cavallette. Periodicamente, infatti, questi insetti voraci e numerosissimi, nel periodo tra maggio e luglio, invadevano i campi di frumento, provocando danni talmente gravi da compromettere l’intero raccolto.


Da quanto documentato da una deliberazione di Consiglio Comunale dell’epoca, era una vera e propria guerra quella dei  Serdianesi  contro le cavallette. Attorno ai campi si scavavano dei fossati simili a trincee,  e al tramonto, armati di frasche, si cercava di ucciderne il più possibile; oppure, per intralciare il loro volo e abbatterle, si innalzavano delle barriere, create con lenzuola e sacchi tenuti da delle canne...“La battaglia che non terminava al tramonto, poteva continuare fino all’alba poiché questa era l’ora più adatta per uccidere le “ovaie” (le larve delle cavallette)”.


Un altro problema citato nelle delibere consiliari del periodo, è quello dell’approvvigionamento idrico, in quanto l’unica risorsa d’acqua potabile si trovava a Sicci San Biagio e il Comune dovette stipulare una convenzione con questo Comune per l’utilizzo dell’acqua di “Funtana de coccu”.
L’acqua veniva prelevata con dei carri attrezzati e versata nelle botti e in seguito veniva riposta nella cisterna pubblica che si trovava in periferia, prima del passaggio a livello.
La Giunta Municipale si riunì per decidere se far pagare alla popolazione il prezzo di cinque centesimi a brocca o di distribuirla gratis, ma alla fine venne presa la decisione di distribuirla gratuitamente.


Un altro oggetto ricorrente all’ordine del giorno è quello della nomina, nel Comune, del “vaccinatore d’Ufficio” (dottor chirurgo Raimondo Farris), che aveva il compito di prevenire e di salvaguardare la salute degli abitanti. Furono presi provvedimenti contro il colera e il vaiolo, nominando un sorvegliante per tenere pulite sia le case che i negozi.
Il Consiglio Comunale emanò il “Regolamento sulle norme igieniche”  e lo stesso Sindaco tenne un discorso sull’ ”igiene” e proibì di esporre, nelle vie, le carni macellate destinate alla vendita, di gettare l’immondizia nelle strade, con l’obbligo di tenerle sgombre dall’erba e dal bestiame che pascola, specialmente nei fossi laterali. Inoltre venne previsto l’obbligo, per ogni cittadino, di imbiancare frequentemente l’interno delle case con calce pura e, insieme ad esso, anche i gradini che davano sulla strada.


In questo periodo si verificarono casi di vaiolo e colera arabo; per evitare il contagio, coloro che ne erano affetti, dovevano essere portati fuori da paese e, in caso di morte, seppelliti sempre fuori dal centro abitato.
Dai documenti d’archivio, risulta che il luogo prescelto era la Chiesa di Santa Maria di Sibiola e la zona di sepoltura, i terreni circostanti alla Chiesetta.


L’Amministrazione comunale fu costretta inoltre ad impegnare i braccianti nella costruzione e nell’apertura delle strade obbligatorie: ………. “quella che ….. partendo dal popolato di Serdiana va a mettere capo in Sa mitz’a S’Ollastu, limite Ussana”. “Riparazione di quella che dalla croce di ferro conduce all’aja di Pasquale Todde…..”  “Apertura di una strada in S’Isca Mureddu per mettere in comunicazione questo villaggio con lo stradone provinciale di Sant’Andrea Frius”. Dapprima si pensò al progetto di una strada che …. Partendo dalla Grux’e Ferru e  passando per il salto di Mugori, andasse a finire sul ponte Riu Mannu”, ma in seguito venne modificato e fu espropriata la terra di Funtana Noa al marchese di San Filippo, fu riparata la strada di Is Arroccheddas e selciata via Funtana ‘e Biri.
Il Comune inoltre partecipò con una quota alla realizzazione della strada consortile Pauli-Pirri-San Pantaleo.


Nel 1885 venne realizzata una rete ferroviaria. Il percorso della linea Cagliari-Isili coinvolse i Comuni di San Pantaleo, Sicci, Serdiana e Soleminis e, da quanto risulta, per poterla costruire si dovettero superare molti ostacoli e difficoltà, sia per quanto riguarda il tracciato, (che avrebbe dovuto attraversare una zona denominata “Sa Gora”, importante per il rifornimento idrico dei Comuni), sia per quanto riguarda l’ubicazione dello scalo ferroviario

Data di ultima modifica: 19/10/2016

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